La morte di Morsi e della primavera egiziana

Il 17 giugno scorso l’ex Presidente egiziano Mohamed Morsi è morto in un’aula di tribunale mentre stava per essere processato con l’accusa di corruzione e tradimento ai danni dello Stato. L’unico Presidente democraticamente eletto dell’Egitto e appartenente al movimento dei Fratelli Musulmani era stato arrestato nel luglio 2013, in seguito al colpo di stato e alla presa di potere da parte dell’attuale Presidente Abdel Fattah al-Sisi.  Non sono mancate le accuse di omicidio da parte del figlio dell’ex Presidente nei confronti degli ufficiali vicini ad al-Sisi.

La sua morte riapre vecchie ferite del panorama politico egiziano, tra cui il fallimento delle Primavere Arabe del 2011. L’uscita di scena di Muhammad Hosni Mubarak permise al partito Giustizia e Libertà (partito politico della Fratellanza in Egitto) di cavalcare l’onda rivoluzionaria e acquisire consensi. La Fratellanza, infatti, si mostrò come la rappresentante della volontà popolare e la risposta che la Primavera stava cercando. Morsi venne eletto e rimase al potere per circa un anno, fino al 3 luglio 2013, quando venne deposto e arrestato. In realtà, questa esperienza al potere dei Fratelli Musulmani mostrò le debolezze di un movimento che forse non era ancora pronto a governare e che se da un lato raccolse l’appoggio di milioni di egiziani, dall’altro ne spaventò altrettanti, che preferirono appoggiare, almeno in prima battuta, l’azione di al-Sisi

La Primavera egiziana ci insegna che le rivolte hanno bisogno di un partito guida capace di sostenerle in ambito istituzionale riducendo la conflittualità interna di un Paese, cosa che la Fratellanza Musulmana non ha fatto. Da qui la capacità di al-Sisi di ricevere sostegno sia da parte di potenze esterne sia da parte di quella parte della popolazione egiziana che preferiva la stabilità laica (anche se, come si è poi dimostrata, non democratica) a un governo islamista. Il risultato è stato il ristabilimento di fatto dello status quo, con una repressione giudicata perfino peggiore di quella dell’era Mubarak.

La morte di Mohamed Morsi rappresenta la scomparsa di una figura chiave del movimento islamista che attraversa oggi un momento di debolezza nel panorama politico mediorientale.

Di Altea Pericoli, Il Caffè Geopolitico