Perché i populisti restano immuni agli scandali

Il Ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini ha detto di essere pronto a riferire in Parlamentto nel merito dello scandalo dei presunti fondi dalla Russia alla Lega. Salvini ha detto di non essere coinvolto, ma che sulla faccenda risponderà al question time.  «Non c’è nulla su cui possa essere coinvolto, mi occupo di vita reale, di problemi veri cercando di risolverne un po’». Questa la replica del leader della Lega. «Riferire in Parlamento? Ci vado due volte alla settimana per il question time. Quello che mi chiedono io rispondo. Rispondo a ogni cosa sullo scibile umano, sulle questioni più varie e eventuali. Rispondo, partendo dal presupposto che da dieci giorni mi sembra parlino del nulla. Ma ognuno occupa il suo tempo come vuole», ha detto Matteo Salvini in  conferenza stampa a Genova. «Non abbiamo chiesto, né visto né preso un euro di finanziamento dall’estero. Mi occupo di vita reale e non di spionaggio. Punto. Mi sono stufato di ripeterlo», aveva detto ieri Salvini. La settimana scorsa un’inchiesta di Buzzfeed aveva reso noto un incontro avvenuto a Mosca ad ottobre 2018 tra il Ministro italiano e un suo collabaoratore, Gianluca Savoini. Il consulente avrebbe in quell’occasione negoziato con i russi un patto illecito per ottenere finanziamenti utili a pagare la campagna elettorale della Lega per le elezioni europee di maggio. Questo articolo de Il Foglio spiega perché i populisti riuscirebbero ad essere immuni agli scandali:

Le grandi proteste in piazza a Praga che da settimane chiedono le dimissioni del capo del governo Andrej Babiš (al centro di uno scandalo che riguarda l’uso di fondi europei e coinvolge il conglomerato industriale di sua proprietà, Agrofert), testimoniano ancora una volta il legame pericoloso tra il discorso populista (sì, quelli dell’onestà-tà-tà) e la corruzione. Dappertutto, infatti, i governi populisti sono associati alla corruzione, al nepotismo e all’incompetenza. Eppure i populisti sembrano immuni agli scandali. Rivelazioni che, solo qualche anno fa, avrebbero scioccato gli elettori, scivolano addosso ai leader e ai ministri populisti senza lasciare traccia; e il più delle volte, ciò che non li uccide sembra renderli addirittura più forti.

Gli esempi non mancano. In questi giorni BuzzFeed ha diffuso la registrazione della trattativa tra uomini di fiducia di Matteo Salvini e alcuni russi per negoziare, pare, un finanziamento milionario di Mosca alla Lega. Ma è un pezzo che la Lega è al centro di scandali, polemiche ed indagini, al punto che nei primi anni Duemila un cartello delle valli bergamasche sintetizzava amaramente “Ladroni in casa nostra”; e l’arresto di alcuni componenti della famiglia Arata (tra le grane della Lega non c’è solo la vecchia storia del 49 milioni, su cui Salvini continua a far finta di nulla) non è che l’ennesimo scandalo che riguarda un partito che doveva eliminare il marcio della politica.

Ma, appunto, tutto il mondo è paese. Quando Der Spiegel ha riportato che il partito di estrema destra Alternative für Deutschland avrebbe ricevuto fondi sospetti da finanziatori extra Ue (russi, ovviamente) in barba alle leggi tedesche, ai militanti e agli elettori del partito la notizia è entrata da un orecchio e uscita dall’altro; e quando lo stesso settimanale ha diffuso un filmato nel quale l’ex vice cancelliere austriaco Heinz-Christian Strache scendeva a patti con una (finta) oligarca russa, offrendole importanti appalti pubblici in cambio di un sostegno economico per il suo partito, il Partito della Libertà (di estrema destra) ha perso soltanto un paio di punti nei sondaggi e, c’è da scommettere, solo temporaneamente. Allo stesso modo, i partiti del primo ministro ceco Andrej Babiš e del primo ministro ungherese Viktor Orbán continuano a spadroneggiare nei loro paesi nonostante la corruzione e gli scandali.

Per non parlare di Jaroslaw Kaczynski, il padre-padrone di Diritto e Giustizia (PiS) amico di Salvini, più volte premier e ministro e, di fatto, sovrano incontrastato della Polonia, che sembra del tutto impermeabile agli scandali. Praticamente ogni settimana i media indipendenti polacchi rivelano un qualche losco affare nel quale sarebbero invischiati Kaczynski (accusato di recente di un grosso scandalo immobiliare relativo alla costruzione delle “torri gemelle” di Varsavia, denominate significativamente K-Towers) e il suo partito. Eppure, da quando il PiS è al potere (dal 2015) nessun ministro si è mai dimesso, nonostante gli scandali, che sembrano addirittura aver consolidato la base del partito; e sebbene la maggior parte dei polacchi ritenga che gli abusi siano reali, ciò non ha impedito al PiS di ottenere una vittoria importante nelle elezioni del Parlamento europeo con il 45,5 per cento dei voti che gli assicura un ampio margine di manovra. Perché?

Jan-Werner Müller, nel suo libro sul populismo, ha spiegato che la governance populista ha tre caratteristiche: l’occupazione dello stato; la corruzione e il “clientelismo di massa”; la repressione sistematica della società civile.

Di Alessandro Maran, Pubblicato su Il Foglio, continua a leggere l’articolo integrale