L’hanno denominata la legge “legge anti-Apple” perché nei fatti vieta la vendita di smartphone senza applicazioni e software «Made in Russia». Il presidente Vladimir Putin questa settimana ha appoggiato il voto della Duma firmando una legge che impone ad Apple e ad altri produttori tech stranieri di vendere nel mercato russo solo smartphone e apparecchiature con app russe preinstallate e approvate dal governo. La legge entrerà in vigore a partire dal 1 luglio 2019 e prevede appunto che su ogni smartphone, tablet, computer e tv con funzione Smart TV debbano essere preinstallate anche applicazioni russe oltre a quelle straniere. Il governo di Mosca ha fatto sapere che presto provvederà a fornire una lista completa dei software che sarà necessario preinstallare e un elenco preciso dei dispositivi su cui installarli.

I sostenitori della legge hanno presentato la misura come un modo per favorire l’industria tecnologica russa contro il monopolio occidentale nell’interesse dei consumatori, ma la realtà è un po’ diversa. Oleg Nikolayev, tra i parlamentari che hanno appoggiato la legge, ha spiegato che i consumatori russi avranno così a disposizione sui propri smartphone software russi come alternativa a quelli stranieri. La misura dovrebbe infatti fornire alle aziende russe i meccanismi legali per promuovere i propri programmi e applicazioni ad uso degli utenti russi, ma la conseguenza della legge protrebbe essere la rimozione totale dei dispositivi Apple dal mercato russo, a discapito degli stessi consumatori russi. Apple, Samsung e Huawei, hanno criticato Mosca affermando che il governo russo ha adottato la legge senza aver consultato nessuno di loro.

An Apple insider previously said the firm would sooner leave Russia than put pre-installed third-party apps on its iPhones.Igor Ivanko / Moskva News Agency

La legge è indirizzata ad aziende come Apple, che in precedenza aveva chiarito di non essere disposta a installare software sviluppati da parti terze. Anzi, come riportavano i media russi ad inizio anno, il gigante americano aveva anche minacciato di lasciare il mercato russo qualora fosse stato adottato un divieto alla vendita di prodotti senza app preinstallate. Secondo Apple e le altre aziende tech occidentali, si presenterebbe il rischio di backdoor, ovvero la “porta di servizio” che la Russia, impiantando software di sorveglianza, userebbe per accedere a dati segreti e sistemi degli utenti. Il sito The Bell ha definito la legge firmata da Putin un passo ulteriore verso la repressione digitale messa in atto dal Cremlino, che aumenta in questo modo il proprio potere di controllo sui consumatori. Di recente, la Russia ha annunciato una spesa di 2 miliardi di rubli, 31 milioni di dollari, per rimpiazzare Wikipedia con la “Great Russian Encyclopaedia”, dopo che Putin aveva definito Wikipedia inattendibile. Ad inizio novembre è inoltre entrata in vigore una controversa legge, chiamata la legge “dell’internet sovrano”, che fornisce il presupposto per la creazione di un internet indipendente per la Russia. In base a questa legge, il governo ha il potere di bloccare l’accesso a internet in ogni situazione considerata di emergenza, una norma criticata anche dall’ONG pro diritti umani Human Rights Watch. Sempre a novembre, Le Nazioni Unite hanno approvato una risoluzione anti-cybercrime appoggiata da Cina, Corea del Nord e Russia. Come scrive Axios, la risoluzione legittima i governi a sviluppare networks domestici distaccati dall’internet globale.

Tra le aziende russe che traggono beneficio dalla legge ci sono Yandex, Mail e Rosstech. Yandex, leader dell’IT russo, a fine novembre ha riferito che nel prossimo consiglio di amministrazione ci saranno anche delle figure vicine al Cremlino. Ma il provvedimento non avrebbe avuto la spinta dei produttori di software russi e apparirebbe come una decisione di Stato presa da Mosca. La norma ha dunque anche delle ricadute geopolitiche. È il sintomo dell’avvicinamento progressivo tra Russia e Cina in funzione anti-americana, con Putin che guarda alla stretta di Washington contro la tecnologia cinese, e in particolare contro Huawei, come ad una vera «guerra tecnologica», volendo usare la sua stessa espressione.

Pubblicato su Il Mattino