L’invasione russa dell’Ucraina va interpretata in una visione non regionale ma globale, sul cui sfondo appaiono sempre più evidenti gli effetti di una serie di game changers in atto. Parte da questo presupposto la conferenza Game changers 2022, organizzata oggi a Roma dalla NATO Defense College Foundation. Babilon Magazine ha provato a intercettare e decifrare queste variabili in gioco con il direttore della Fondazione, Alessandro Politi.

A due settimane dall’inizio della crisi in Ucraina, è possibile iniziare a mettere ordine nell’analisi di quanto sta avvenendo?

Scopo della nostra conferenza è proprio questo, ma non solo. Un altro obiettivo che ci poniamo, di più lungo periodo, è decifrare i game changers di fondo che sono in atto. Sono tre le componenti importanti da osservare: il ruolo degli attori non statali; la questione dell’Indo-Pacifico, da inquadrare non semplicemente sul piano navale ma anche rispetto all’instabilità di tutti i Paesi della regione; l’evoluzione dello spazio dove certe capacità, che prima erano esclusivamente militari, sono adesso a portata commerciale. Quest’ultima componente, in particolare, apre nuovi scenari sull’utilizzo di queste capacità non solo in crisi di alto profilo, come quella ucraina, ma nella gestione generale della sicurezza. Mi riferisco al controllo dei traffici, dei migranti, dei beni contraffatti, di oro o armi. L’innesco di questa nuova crisi ucraina, ad esempio, ha avuto uno stimolo enorme dai traffici illegali che attraversano la regione, e che adesso stanno aumentando ancora di più con l’arrivo delle sanzioni.

Provando a scrutare la strategia della Russia, è corretto affermare che Mosca sta agendo così perché si sente in diritto di ragionare da impero?

Alessandro Politi, direttore NATO Defense College Foundation

L’Impero zarista ha una storia secolare, è entrato in tutte le grandi alleanze europee per combattere delle guerre o per portare delle stabilizzazioni. Forse noi europei pensavamo che questo impero fosse tutto sommato gestibile. E invece oggi abbiamo di fronte, purtroppo, una scelta da parte di Vladimir Putin che ci lascia molto perplessi, non solo ovviamente per quanto sta accadendo all’Ucraina, ma anche in rapporto all’interesse nazionale russo. Continuiamo a essere convinti che la Russia avrebbe potuto ottenere quasi tutto quello per cui ha attaccato, ma con le trattative. Al contempo si avverte nella Russia un senso di fretta e di mancanza del tempo, fattori che indicano una fragilità. Proprio questa fragilità, insieme ad altre considerazioni che tra l’altro sono state colte per tempo nelle loro implicazioni operative dall’intelligence statunitense, deve aver portato a questa decisione sventurata di invadere l’Ucraina.

Che NATO verrà fuori da questa crisi?

È troppo presto per dirlo, ma non perché non si vuole sapere quale direzione intenderà prendere la NATO. La direzione della NATO sta per essere definita da un nuovo concetto strategico. Forse dobbiamo immaginare che questo nuovo documento non avrà una validità di più di dieci anni come è stato per lo scorso concetto strategico, ma molto più breve. Non mi stupirei se venisse nuovamente aggiornato nel giro di uno o due anni. Ci sono una serie di elementi, non solo di questa crisi, ma globali che rappresentano dei punti di domanda. Se avessimo potuto permetterci il lusso, avremmo aspettato un altro anno prima di arrivare a questo aggiornamento. In generale, per capire che direzione prenderanno la NATO e il mondo va tenuta bene a mente la dichiarazione congiunta tra Russia e Cina all’apertura dei Giochi Olimpici di Pechino. Quella dichiarazione non ha espresso semplicemente un’amicizia definita molto più forte di tutte le altre alleanze esistenti, ma ha ridisegnato in modo profondo la globalizzazione così come la abbiamo intesa in senso multipolare, nel senso di una centralità dell’Onu benché l’Onu sia debole, nel senso di una attenzione fortissima alla non ingerenza negli Stati. Per comprendere la crisi ucraina, va tenuto conto dei significati di questa dichiarazione congiunta.

Con l’innesco di questa crisi si è parlato molto da subito di un possibile effetto domino sul fronte Cina-Taiwan. È un allarme fondato?

Non ho mai creduto molto alla teoria del domino nonostante sia stata formulata da un mosto sacro come Kissinger. Per ora queste sono cose da romanzo di guerra, io guarderei molto di più a eventuali effetti domino in Europa. Se i russi riescono a occupare Odessa, la Transnistria e la Moldavia sono un tassello che immediatamente si va a ficcare in un tetris strategico molto preoccupante.

Foto in apertura Atlantic Council