Coronaviurs ed ecologia, intervista a Pecoraro Scanio

La pandemia da coronavirus riscrive completamente gli scenari attuali e del prossimo futuro sull’economia, gli scambi commerciali e le nuove proposte in termini di investimenti green e imprenditoria sostenibile. Un settore imprenditoriale maturo che va sostenuto per creare, in Italia e in Europa, milioni di posti lavoro nella transizione energetica ed economica. La riconversione ecologica deve puntare non solo verso una riduzione drastica delle emissioni climalteranti e degli inquinanti ma anche verso la creazione di una rete di smart cities che valorizzino l’innovazione tecnologica e rispettino i punti dell’Agenda 20-30 delle Nazioni Unite. Nel tentativo di approfondire il rapporto tra green e attualità, intervistiamo il presidente della Fondazione UniVerde, Alfonso Pecoraro Scanio, già Ministro dell’Ambiente e promotore della Rete “Opera2030”.

L’attualità delle grandi imprese è in fermento. La pandemia da coronavirus sembra riscrivere, nel bene e nel male, gli scenari industriali e commerciali del nostro sistema economico. Che prospettive intravediamo?

«Bisogna evitare di ascoltare gli appelli di personale politico miope, a volte collegato con le lobby del petrolio, che mira a cogliere l’occasione dell’emergenza coronavirus per ottenere una sorta di deregulation delle norme ambientali, azzerare le regole contro l’inquinamento e consentire la ripresa, non di una industria innovativa capace, forte e soprattutto sostenibile, ma di quelle attività imprenditoriali che puntano più ad avere denaro pubblico a disposizione per conservare vecchi modelli economici obsoleti o peggio per creare speculazione grazie all’emergenza. Occorre anche ricordarsi della connessione esistente tra inquinamento nelle aree urbane ed extraurbane e aumento della letalità legata al contagio da coronavirus».

Alfonso Pecoraro Scanio

Il futuro potrebbe essere puntare sulla riconversione ecologica dei nostri sistemi economici?

«La riconversione ecologica deve puntare non solo verso una riduzione drastica delle emissioni climalteranti e degli inquinanti ma anche verso la creazione di una sistema circolare di smart cities che valorizzino l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica. L’emergenza coronavirus, che diffonde una pandemia da polmonite, sta avendo un effetto collaterale di riduzione dello smog. C’è voluto questo disastro per ricordarci che proprio l’ Unione Europea segnala, come stima prudenziale, che ogni anno oltre 400.000 persone muoiono prematuramente a causa di polmoniti e altre malattie respiratorie, legate alla pessima qualità dell’aria».

Che scenario internazionale intravediamo per il prossimo futuro?

«La fotografia dell’Europa dal satellite, effettuata dopo un mese dal lockdown, mostra un netto miglioramento della qualità dell’aria. Tanto che questo dato non può avere solo una valenza legata a condizioni eventualmente meteorologiche ma evidentemente collegate all’inquinamento da smog. Oggi gli scienziati stanno studiando, non solo la possibilità del virus di diffondersi più facilmente grazie allo smog, ma anche se una concausa della maggiore diffusione e mortalità in alcune aree sia dovuta alla debolezza degli apparati respiratori di persone che vivono da anni in una zona con aria molto inquinata».

Quali emergenze dovrebbe rincorrere la nostra politica nazionale?

«Prima dell’avvio dei protocolli di emergenza, concernenti le misure anti-contagio da coronavirus, la Pianura Padana risultava essere una delle zone più inquinate d’Europa. I dati fanno riferimento al Nord Italia, a Roma, Napoli, Palermo e mostrano una grande diminuzione delle polveri sottili nell’atmosfera, a seguito del lockdown. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, facendo riferimento ai dati dello scorso anno, aveva affermato che in Italia l’inquinamento atmosferico, lo smog, le polveri sottili causano dai 60.000 ai 70.000 decessi prematuri l’anno. È incredibile come questo dato così rilevante non riesca a scuotere le istituzioni nazionali e locali».

Innovazione tecnologica e nuove proposte di lavoro sembrano caratterizzare il dibattito del nostro presente. Cosa possiamo dire a riguardo?

«Oggi siamo di fronte alla necessità di immettere grandi quantitativi di risorse nel rilancio economico e possiamo farlo seguendo la logica di grandi investimenti nella costruzione di nuove infrastrutture per realizzare le smart cities. E ancora, rinnoviamo i parchi veicolari del trasporto pubblico in tutta Europa, puntiamo sulla mobilità sostenibile elettrica e a idrogeno e sui progetti innovativi. Penso ad esempio ad Hyperloop, il treno a levitazione magnetica che investe in energia rinnovabile ed evita il consumo di suolo. Infine, consolidiamo lo smart working, quindi il lavoro a distanza, che tanto beneficio ha portato nel miglioramento della qualità dell’aria. Il che non significa solo svolgere le attività professionali da casa ma anche negli ambienti di co-working, dove le persone possono recarsi a piedi senza percorrere decine di chilometri nel traffico. Si tratta di luoghi di socializzazione e soprattutto soluzioni intelligenti per liberare le strade dal traffico. Possiamo radicalmente ripensare la nostra attualità legata all’occupazione e alla sostenibilità e oggi dobbiamo farlo con urgenza».