di Generale Mario Mori

Come militare, pur provenendo dai corsi d’Accademia, dei Dubat, “i turbanti bianchi”, avevo una conoscenza che si limitava a poche nozioni. Li identificavo esclusivamente come una unità irregolare, al pari degli Spahis libici, impiegata in Somalia tra le due guerre, diversa per struttura ed utilizzo dai formalmente inquadrati Reparti di Ascari e delle altre specialità coloniali quali Meharisti e Savari. Come carabiniere conoscevo ovviamente meglio storia e vicende degli Zaptié, costituiti in Eritrea nel 1888 e da allora, sino alla battaglia di Culqualbert, conclusa nel novembre 1941, dimostratisi militari fedeli ed efficienti, degni delle migliori tradizioni dell’Arma.

Così, quando mi è stato rivolto l’invito a realizzare la prefazione del libro di Alberto Alpozzi, sono rimasto inizialmente perplesso sull’utilità della mia collaborazione al progetto, constatando come, sull’argomento dei Dubat, non vi era nulla da aggiungere, perchè l’autore aveva svolto in merito una ricerca minuziosa, completa e veramente encomiabile, non limitandosi a descrivere la nascita e le vicende di queste “Bande Armate di Confine”, cioè circoscrivendo il narrato ai soli aspetti propriamente militari, ma descrivendo anche psicologia, usi e tradizioni dei suoi componenti. Il tutto inquadrato nel più ampio e complesso ambito della storia della Somalia legata al periodo coloniale italiano.

Il testo veniva corredato da un’esaustiva ed interessante citazione di leggi, decreti e direttive, sviluppate nel tempo, che andavano ad abbracciare il periodo della nostra presenza nella regione, trattando le complesse problematiche del vissuto quotidiano che all’epoca fu gioco forza da affrontare. Alla narrazione si aggiungeva una ricca bibliografia, che partendo dalle notazioni prodotte dai nostri funzionari operanti nella Colonia, attraverso Cesare de Vecchi di Val Cismon, a cui si deve l’idea della costituzione del Corpo dei Dubat, arrivava sino ai giorni attuali, citando i contributi di storici e studiosi dedicatisi variamente a descrivere l’esperienza italiana in Somalia.

Infine, il tutto, arricchito da un’ampia e significativa raccolta di fotografie che, nella loro varietà, rendevano in maniera plastica l’atmosfera e la realtà di un mondo che ormai solo pochissimi lettori, forse solo quelli legati al più recente periodo dell’Amministrazione fiduciaria della Somalia, svolta tra il 1950 ed il 1960, possono ricordare e confrontare attraverso le proprie esperienze vissute, ma che costituisce un lascito comunque ineludibile nella storia del nostro Paese.

Tratto dal libro
Dubat. Gli arditi somali all’alba dell’impero fascista
di Alberto Alpozzi
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