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È accusato di aver pianificato un attacco terroristico il giovane siriano di 19 anni arrestato martedì 31 ottobre a Schwerin, capoluogo del Land settentrionale di Meclemburgo-Pomerania Anteriore. Il giovane, identificato dagli inquirenti come Yamen A., era sul punto di compiere un attacco con potente materiale esplosivo. Secondo il quotidiano tedesco Bild Yamen A. era riuscito a procurarsi del materiale chimico per costruire una bomba con l’intenzione di «uccidere possibilmente una gran quantità di persone». Gli inquirenti non hanno reso noto l’obiettivo dell’attacco, mentre sono in corso le indagini per scoprire se l’arrestato era pronto ad agire da solo o con l’appoggio di fiancheggiatori.

In Germania non si fermano dunque le operazioni di polizia per stanare individui o cellule legati ad ambienti dell’estremismo di matrice islamista. Il rischio di possibili attacchi chimici, come dimostrerebbero le prime notizie circolate sul conto del siriano fermato a Schwerin, è considerato come concreto dalle forze di sicurezza tedesche.

Prima degli ultimi fatti, un altro blitz era stato effettuato lo scorso 25 ottobre a Berlino nei distretti di Reinickendorf, Charlottenburg e Wilmersdorf, dove erano state sequestrate armi, munizioni e migliaia di chiodi e bulloni con cui si volevano costruire bombe artigianali per compiere una nuova strage. A capo della cellula smantellata c’era un turco-tedesco di quarant’anni.

Il ritorno dei foreign fighters

Le agenzie di intelligence tedesche sanno che a questi episodi ne seguiranno molti altri nei prossimi mesi. La caduta di Raqqa e la perdita costante di territorio in Siria e Iraq da parte dello Stato Islamico, stanno infatti spingendo moltissimi foreign fighters a rientrare in Europa. Dei 915 che negli ultimi tre anni sono partiti dalla Germania per i teatri di guerra del Medio Oriente, circa 300 sarebbero riusciti a rientrare in patria.

Molti di loro oggi gravitano attorno agli radicali islamisti e alle moschee, luoghi in cui a fare da sottofondo spesso sono le prediche incendiarie degli imam provenienti dall’Arabia Saudita e dai Paesi dei Balcani. Attività di proselitismo vengono svolte anche nei centri di accoglienza dei profughi. Con la scusa di donare vestiti agli adulti e giocattoli e dolci ai bambini, diversi predicatori salafiti hanno facile accesso ai campi. Qui distribuiscono copie del Corano e, quando riescono, arruolano nuovi seguaci.

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Le ultime rivelazioni su Anis Amri

A tenere viva l’attenzione sul fenomeno del radicalismo islamista in Germania è anche il processo in corso a carico di Abu Walaa, noto come il “predicatore senza volto”. L’uomo, recentemente pentitosi di aver abbracciato la causa jihadista, ha rilasciato delle importanti dichiarazioni sulla strage ai mercatini di Natale a Berlino del 19 dicembre 2016. Secondo la sua confessione l’autore di quella strage in cui persero la vita 12 persone, il tunisino Anis Amri, non avrebbe agito da solo. Tra le persone che lo avrebbero aiutato a compiere l’attentato vi sarebbe stato un uomo operativo nel Land del Nordreno-Vestfalia.

Si tratterebbe di un cosiddetto “V-Mann” (Vertrauensperson), ovvero un informatore del quale le autorità tedesche si sarebbero servite in passato per ottenere informazioni sugli ambienti islamisti. Per parecchio tempo l’uomo avrebbe agito da doppiogiochista, riuscendo nel 2016 ad arruolare molti estremisti ai quali far compiere degli attentati tra Dortmund e Duisburg, città particolarmente fertili per le attività islamiste. L’uomo avrebbe fatto scouting tra maghrebini, balcanici, turchi e anche ceceni, arrivando alla fine ad Anis Amri.

Se la versione di Abu Walaa dovesse essere confermata, il danno pratico e di immagine per le autorità tedesche sarebbe enorme. Il governo di Berlino sarebbe infatti costretto a spiegare all’opinione pubblica che non ha più nemmeno il controllo di quegli informatori che paga profumatamente per garantire la sicurezza del Paese. Sarebbe un duro colpo alla credibilità dell’esecutivo della Cancelliera Angela Merkel.

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