Italia e Stati Uniti di nuovo nel mirino di Al-Shabaab

L’Italia e gli Stati Uniti respingono i nuovi assalti di Al-Shabaab, che però miete vittime, civili e non, tra propri connazionali. 

Nella tarda mattinata del 30 settembre 2019 il gruppo jihadista al-Shabaab è riuscito a portare a termine due attacchi contro alcune forze internazionali operanti sul territorio somalo. Il primo ha preso di mira un convoglio militare del contingente italiano inquadrato all’interno della missione europea EUTM (European Union Traning Mission) che dal 2010 è presente in loco e assolve, tra i vari compiti, quello di addestrare le Forze Armate somale. Alle ore 11 locali, tre mezzi Lince in dotazione all’esercito italiano erano di ritorno da un’attività resa presso il Ministero della Difesa somalo e nelle vicinanze dell’accademia militare Jalle Siyaad sono stati oggetto di un attacco mediante SVBIED (Suicide Vehicle Borne Improvised Explosive Device). Fortunatamente l’attentatore ha detonato l’esplosivo quando, passato il primo autoblindo, era ancora a una distanza non letale sia dal secondo che dal terzo mezzo italiano. Nessun militare è quindi rimasto ferito e ciò è stato possibile anche grazie all’ottima protezione della corazza del veicolo tattico, pur riportando uno di questi, evidenti danni nella parte anteriore. Secondo le fonti locali oltre all’attentatore suicida, sarebbero deceduti altri due civili, mentre quattro persone sarebbero state ricoverate in ospedale per le ferite riportate nell’esplosione. Anche nel 2018, esattamente il 2 ottobre, ci fu un altro episodio analogo, proprio nelle vicinanze del Ministero della Difesa somalo, contro un veicolo italiano, che causò la morte di quattro bambini somali.

Fig. 1 – I “Lince” italiani rimasti danneggiati a seguito dell’attacco SVBIED

Il secondo attacco è quasi in contemporanea, circa 100 chilometri a nord di Mogadiscio, presso la base aerea a comando somalo-statunitense di Baledogle, dove sono stanziati droni e personale delle forze speciali. La decisione di colpire un obiettivo di così alto profilo evidenzia, ancora una volta, l’ottima organizzazione logistica e militare di al-Shabaab e la spregiudicatezza che essi hanno nel compiere tali sortite. La tattica dei jihadisti, anche stavolta, ha visto l’impiego di un grosso veicolo, riempito di esplosivo, con l’intento di aprire una breccia e raggiungere l’interno della base con un gruppo di miliziani ben armati, per creare scompiglio e caos. Secondo alcune fonti, a seguito di questo secondo attacco, nonostante la smentita del Ministero della Difesa americana, sembra che un gruppo ristretto di miliziani, dopo il danneggiamento di un gate d’ingresso, sia riuscito a entrare in un’ala della base e che dopo due ore di scontri a fuoco i terroristi siano tutti stati eliminati dalle forze di sicurezza. A seguito dell’evento il Comando USA in Africa (AFRICOM) ha dichiarato che nessun militare statunitense o somalo presente nella base è stato colpito o ha riportato ferite. Inoltre, sempre AFRICOM ha autorizzato un’immediata controffensiva contro al-Shabaab mediante l’uso di droni che ha ucciso 10 miliziani e neutralizzato un altro VBIED nelle vicinanze della suddetta base.

Fig. 2 – Ciò che resta del mezzo usato dall’attentatore suicida per attaccare il convoglio dei mezzi italiani

Due giorni dopo gli attacchi portati ai contingenti italiano e americano, al-Shabaab ha messo a segno un altro attentato, che stavolta ha colpito le Forze Armate nazionali, in particolare la Brigata Danab, gruppo d’élite dell’esercito somalo, addestrato e supportato sotto tutti i punti di vista dalle unità speciali statunitensi nella lotta ai gruppi jihadisti in Somalia. Infatti, lungo la strada che unisce la città di Afgoye a Mogadiscio, due IED sono esplosi al passaggio di un convoglio della terza compagnia Danab, uccidendo quattro operatori e due ufficiali. Il gruppo salafita ha poi rilasciato, il 2 ottobre, un comunicato nel quale ha rivendicato tutti gli attacchi con il messaggio esplicito che “… gli invasori americani, europei e gli alleati somali saranno sempre meno al sicuro in Somalia.”

Giulio Giomi, Il Caffè Geopolitico