L’Italia e il Marocco hanno siglato un nuovo Protocollo d’Intesa in materia ambientale, a margine dell’ottava edizione del “Rome Med Dialogues”, con l’obiettivo di attuare progetti e programmi congiunti, promuovere il rafforzamento delle capacità, il trasferimento tecnologico e l’assistenza tecnica, il partenariato pubblico-privato. Il rinnovo del protocollo quinquennale, scaduto il 21 luglio dell’anno scorso, è stato firmato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, e dalla ministra della Transizione Energetica e dello Sviluppo Sostenibile del Regno del Marocco, Leila Benali, e prevede un ampliamento dei settori e ambiti di applicazione alle energie rinnovabili e alla transizione energetica.

Il nuovo memorandum, come spiega in una nota il ministero dell’Ambiente italiano, richiamandosi agli obiettivi delle tre Convenzioni di Rio (UNFCCC, UNCCD e CBD) e dell’Agenda 2030, risponde alle nuove procedure per la cooperazione internazionale introdotte dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, per rafforzare le fasi di monitoraggio e valutazione dei progetti in un’ottica di maggiore trasparenza, tracciabilità, efficienza, efficacia e ownership delle iniziative promosse. Tra le principali aree di collaborazione, la lotta ai cambiamenti climatici e l’attuazione dei contributi determinati a livello nazionale (NDC), la tutela della biodiversità, la gestione integrata delle zone costiere, la prevenzione e riduzione dell’inquinamento marino da idrocarburi, la gestione sostenibile e integrata delle risorse idriche, la transizione energetica e le energie rinnovabili. «Grazie a questo protocollo potremmo quindi continuare la nostra cooperazione a tutela della biodiversità, nella lotta contro la desertificazione e per il ripristino del territorio e contribuire significativamente al processo di transizione energetica verso fonti verdi e rinnovabili nell’area del Mediterraneo», si legge nella nota.

Il Memorandum dovrebbe pertanto consentire ai due Paesi di rafforzare la loro cooperazione come leva per uno sviluppo sostenibile reciprocamente vantaggioso, e dovrebbe tradursi nella crescita di opportunità economiche e sociali che tengano conto degli interessi e delle preoccupazioni delle due parti. Il Marocco sta lavorando a testa bassa sulla transizione verso fonti rinnovabili (Rabat punta infatti al 52% entro il 2030), e meno di un mese fa ha siglato con l’Ue uno storico accordo di «partenariato verde» per la cooperazione sulle energie rinnovabili e clima, ambiente ed economia verde, diventando così il primo Paese partner a siglare un accordo con l’Unione nell’ambito del Green Deal europeo.

La posizione geostrategica del Marocco, a 3 ore di volo da Roma e pochi chilometri dalla Spagna, insieme alla sua rete di partnership internazionale (tra cui Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Africa, Paesi del Golfo, Paesi Arabi), lo rendono un importante interlocutore. Per l’Europa è un partner affidabile, al punto da godere di uno statuto avanzato con l’Ue dal 2007. Inoltre, secondo il Rapporto 2022 di IRENA «il Marocco è considerato, da diversi anni, uno dei pionieri nel campo delle energie rinnovabili e dell’Idrogeno verde».

Pillola di storia bilaterale

La storia delle relazioni tra il Regno del Marocco e la Repubblica italiana risale al periodo delle Repubbliche Marinare e del Regno della dinastia almoravide (1053-1147). Il partenariato Italia-Marocco è regolato da più di 100 accordi bilaterali che inglobano quasi tutti i settori (consolari, commerciali, cooperazione, culturale, difesa, giustizia). Tra gli anni ‘50 e la fine degli ‘80 le relazioni bilaterali tra i due Paesi hanno raggiunto livelli di notevole vicinanza e collaborazione con la firma, il 25 novembre del 1991 a Roma, del “Trattato di amicizia e cooperazione tra l’Italia e il Marocco”. Un importante documento di 15 articoli che, tra l’altro, farà da principale base di riferimento. Più recentemente, il primo novembre 2019, i due Paesi hanno firmato la dichiarazione sul “Partenariato Strategico Multidimensionale”. Oltre alla presenza di una comunità italiana nel Paese, la presenza nel mercato marocchino è caratterizzata anche dalla partecipazione di piccole e medie imprese.

Sfida mediterranea

Il rafforzamento di questa partnership e cooperazione bilaterale Italia-Marocco in materia ambientale è fondamentale anche per il Mediterraneo. Il cambiamento climatico è una delle questioni più complesse e delicate nella nostra attualità, che implica molte dimensioni – scienza, economia, società, politica – ed è un problema globale, con un forte impatto a livello locale e che sarà la sfida dei secoli a venire. Sul piano pratico questi si traducono in una serie di cambiamenti nei territori in cui viviamo come l’innalzamento del livello del mare, cambiamenti regionali nelle precipitazioni, eventi meteorologici estremi più frequenti. L’Italia è pericolosamente esposta ai pericoli e problemi ambientali esistenti nel bacino del Mediterraneo, che sono causati dalla combinazione dei cambiamenti nell’uso del suolo, dall’aumento dell’inquinamento e dal declino della biodiversità. Sulla stessa linea di rischio è anche il Marocco, interessato contemporaneamente sia dal cambiamento climatico (desertificazione, tempeste costiere ed erosione, inondazioni e riduzione delle risorse idriche), sia dai flussi migratori diretti verso l’Europa provenienti dalla regione del Sahel, che è tra le aree più colpite dal mutamento climatico. Le politiche per lo sviluppo sostenibile dei Paesi del Mediterraneo devono quindi mitigare questi rischi e prendere in considerazione opzioni di adattamento.

Per l’Europa sostenere in questa area la transizione energetica, e l’economia circolare in generale, significherebbe anche avviare nuove opportunità commerciali per le imprese europee, con ricadute sulle altre filiere produttive come il settore agricolo, industriale e dei servizi. Ciò significherebbe anche contribuire a elevare le condizioni sociali delle popolazioni locali grazie alla creazione di nuovi posti di lavoro e al miglioramento delle condizioni di vita. Un processo che favorirebbe l’export delle tecnologie rinnovabili, garantirebbe la stabilità degli scambi energetici tra Nord e Sud del Mediterraneo, così come contribuirebbe alla lotta al cambiamento climatico. In questa cornice l’Italia, leader nell’economia circolare in Europa, avrebbe tutte le chance per rilanciare il “Made in Italy”.